venerdì 24 febbraio 2017

La mamma imperfetta



Spesso mi rifaccio alla famosa teoria del pediatra e psicoanalista inglese D. Winnicott che si condensa nella massima che ogni madre dovrebbe stamparsi a caratteri cubitali nella testa: non esiste una madre perfetta, ma solo una madre “sufficientemente buona”. E lo dico e lo scrivo mentre combatto con i sensi di colpa derivanti dalle urla dei miei figli che lottano mentre (più o meno) giocano con la nonna al piano di sotto.
E’ indubbio che la cultura, la società, i modelli e, cosa non da poco al giorno d’oggi, decine di blog e pagine internet, ci propinano la figura della madre non solo “perfetta”, ma eroina, Wonder Woman, che non ha bisogno di dormire per essere performante, che riesce con una mano a guidare il pulmino carico di dieci figli e contemporaneamente cucinare una cena per altrettanti figli (e marito) degna di Carlo Cracco in persona.
Ma credo che la realtà che in tante, se non tutte, sperimentiamo all’interno delle mura di casa nostra, sia molto meno patinata di quella che ci mostrano in pubblicità televisive dove la madre con filo di perle al collo avrebbe appena l’età per essere la sorella o al massimo la babysitter del bambino che ci spacciano come figlio.
Al di là dello scherzo, essere mamma non è facile, e lo dico da mamma, ma anche da persona che per lavoro parla con tante mamme e che ha modo di constatare che sono tante le cose che uniscono le mamme, e spesso non si tratta di un piatto copiato da Masterchef per il pranzo della domenica.
Che sia un bambino, due, tre o quattro (...complimenti!) essere mamma mette molto alla prova se stesse, nella relazione con gli altri, con il tuo piccolo (o piccoli), nei tuoi vari ruoli di madre, moglie, compagna, figlia, nipote, mamma single, lavoratrice, casalinga...
Oltre ai fattori pratici e organizzativi, l’essere madre comporta innegabilmente sempre alti livelli di energie e attenzione, che si accompagnano spesso a quella brutta abitudine di voler sempre e per la maggior parte dei casi rispondere alle aspettative, proprie e degli altri.
E questo, appunto, perché l’idea che ci è stata inculcata dalla cultura di massa, dalla società, che ci viene tramandata dalle generazioni precendenti è di una mamma che accudisce sempre i suoi figli, che spesso mette da parte se stessa, i suoi desideri e ambizioni per il figlio; ma soprattutto che risulta sempre perfetta nel suo ruolo.
E già dai tempi di Winnicott era così, con l’aggravante che al giorno d’oggi la donna deve essere perfetta non solo come madre e casalinga, ma magari deve anche essere una perfetta donna in carriera.
Ora, va bene tutto, ma mi risulta che di Wonder Woman ne sia esistita (se mai è esistita) solo una, e non aveva neppure figli...
Di nuovo, lasciando da parte gli scherzi, una donna, una mamma, è prima di tutto una persona, e in quanto tale ha dei bisogni e una quantità limitata di energie e risorse; può essere quindi lecito che sia stanca, che non sia in grado di cucinare pranzi stellati o che non abbia costantemente voglia di riordinare, ma ciò non significa che non è in grado di svolgere al meglio il suo ruolo di mamma.
Viviamo nella società della performance, del culto del mostrare, nell’epoca del tutto e subito, e difficilmente lo spirito zen e i superpoteri riescono a concentrarsi in una sola persona, a meno che non siate parenti stretti del Dalai Lama. 
Ora, guardiamo da vicino la maternità: l’essere mamma inizia da prima della nascita del bambino e sebbene ci siano alcune donne nate con il desiderio di fare la mamma, ce ne sono altrettante che neanche immaginavano di poterlo diventare. E poi, diciamo la verità, non sempre è così vero che  appena una mamma vede il suo bambino, se ne innamora e pensa che non avrebbe voluto fare altro nella vita se non la mamma. 
La “maternità” inizia, sì, dalla pancia: quando capisci che non sarai più “tu e solo tu”, che molte delle scelte che intraprenderai saranno legate all’essere e benessere di quel ranocchietto che ti sta crescendo in pancia, e che molte delle decisioni che prenderai, dalla casa dove abitare al lavoro da svolgere, alla macchina da acquistare, dovranno tener conto di quell’uno in più
Piccolo, ma molto ingombrante
E se questo da un lato è fonte di infinite gioie e soddisfazioni, almeno in un mondo ideale, dall’altro può rischiare di mettere a serio rischio gli equilibri individuali e della coppia.
Mettiamoci poi le valanghe di aspettative che una mamma ha su se stessa, nei suoi vari ruoli citati sopra, e le aspettative degli altri (dal partner che vorrebbe mantenere l’intimità della coppia tale e quale a prima dell’arrivo del pargolo, agli eventuali parenti e amici che ricordano solo quanto erano bravi i loro bambini e quanto sono stati bravi loro stessi come genitori), ed ecco che le mamme sono caricate di un pesantissimo fardello psicologico, che rischia di pesare come un macigno nella già fragile psiche/equilibrio/salute di una mamma scompensata da livelli ormonali e fatiche.
Ecco quindi che l’obiettivo di una mamma dovrebbe diventare quello di tollerare di non essere la madre perfetta che lei stessa o gli altri si aspettano. Porsi il traguardo della perfezione, data la sua scarsa e irrealistica fattibiltà, conduce a frustrazione, senso di impotenza  che di frequente sono accentuati da quel senso di solitudine che attanaglia le neo-mamme nei momenti di difficoltà, soprattutto nei primi periodi, quando ci si trova per la prima volta in un ruolo nuovo, dove non ci sono regole che realmente siano valide per tutte e tutti sono bravissimi a darti consigli ("se piange così è perché ha fame", "se fa così ha mal di pancia", "ma perché non lo allatti?", "devi sempre tenerlo in braccio, ha bisogno del contatto!", "non tenerlo in braccio che si vizia!"....).
E che dire di quello che succede dopo? Affrontando giorno per giorno con le difficoltà genitoriali che si presentano quotidianamente, anno dopo anno?
Ebbene, Mamme, sappiate che non siete sole. Ci sono tante altre mamme come voi, che provano sentimenti molto simili ai vostri, che sono lontane eppure vicine alle vostre fatiche e al vostro cuore.
Educhiamoci ad ascoltarci, a chiedere aiuto se necessario a chi ci sta vicino, ad un’amica, ad un parente, a fare gruppo, a condividere il bello e il brutto dell’essere mamme. 
E comunque non sarete mai sole, perché con voi, in ogni caso, ci sarà sempre il vostro bambino.




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