venerdì 17 febbraio 2017

Fluttuando tra sogno e realtà nel mondo di La la Land

Brindiamo a coloro che sognano, per quanto folli possano sembrare
Chi lo sa se sarà l’inizio di qualcosa di meraviglioso, oppure ancora un sogno che non riuscirò a realizzare

Per chi come me è cresciuto a pane e favole Disney, non è difficile sentire ogni tanto ancora il desiderio di credere in quei sogni e quelle storie da bambino, dove le eroine e gli eroi si trovavano a lottare per realizzare i propri desideri e alla fine, dopo infinite peripezie, ci riuscivano, spesso con un favoloso happy ending accompagnato da campane nuziali (tranne forse quella poverina di Pocahontas che vedeva partire il suo John Smith).
Oggi, da “grandi”, da qualche parte rimane ancora qualcosa di quel bambino che, vuoi per il passare del tempo, vuoi per le batoste prese sui denti nel tentativo di realizzare proprio qualcuno di quei sogni, rimane un po’ sopito, risvegliandosi ogni tanto e battendo qualche timido colpetto sulla spalla, tentando di farsi un pochino sentire nel frastuono delle incombenze quotidiane.
Ecco, mi è capitato proprio di recente che la bimba che c’è dentro di me si sia fatta sentire, si sia emozionata e abbia ricominciato a ripensare a quei vecchi e impolverati sogni.
Mi è capitato vedendo al cinema il tanto acclamato, amato e allo stesso tempo odiato, osannato e criticato La la Land.
Personalmente penso che, amanti del musical o no, questo film è un’esperienza che chi ha nel cuore ancora un po’ di voglia di sognare dovrebbe provare.
Intanto, ci riporta delle deliziose atmosfere da vecchia Hollywood che ci ricordano gli attori cari a quell’epoca e che sono rimaste figure iconiche e sicuramente irripetibili (Fred Astaire, Ginger Rogers, Gene Kelly, ma anche Grace Kelly, Cary Grant, Audrey Hepburn, solo per citarne alcuni).

Certo è difficile rimanere indifferenti a quei brillanti colori, a quell’entusiasmo e a quella purezza, che rispecchiano le speranze di un’epoca che non c’è più, in un cinema che al giorno d’oggi vive molto più di supereroi che di uomini ordinari, a volte peccando di iperrealismo o di eccessiva crudezza.
La la Land cerca, e in qualche modo ci riesce, a riportare lo scintillio di un’epoca che non c’è più. 
In proposito stato scritto tutto e il contrario di tutto, critiche eccellenti, ma anche molte critiche contrarie, forse proprio perché se ne è parlato tanto, in tanti si sono sentiti di vederlo e di parlarne anche male.
Lo definiscono un musical, anche se le parti cantate e ballate non superano il 50% della pellicola; ovvio, è un film in cui la musica ha un ruolo molto importante, e che include scene surreali di balli tra le stelle o tip tap improvvisati per la strada, e questo può piacere, ma anche no.
Fatto sta che si tratta di una storia, una bella storia, forse non originalissima perché è qualcosa di già visto, ma sicuramente molto originale per come è raccontata.
Due giovani, due artisti, o che per lo meno vorrebbe esserlo, e che vorrebbero veder riconosciuta la loro arte; tra i due sboccia l’amore, sebbene non si tratti del classico colpo di fulmine da Hollywood, ma un amore che nasce e cresce pian piano, tra battibecchi grotteschi e spassose prese in giro reciproche.
Si incontrano, si scontrano, non si piacciono e poi si piacciono, si innamorano e si amano, e tanto.
Ma coltivano anche dei sogni professionali simili, che in qualche modo vanno in direzioni diverse: l’una diventare un'attrice famosa e acclamata, l’altro di suonare il jazz, genere “morente”, in locali dove la sua musica possa essere realmente apprezzata. 
Si rivelano essere sogni non semplici da realizzare, perché per farlo bisogna scontrarsi anche con chi la tua arte non l’apprezza, con i gusti del mercato, con le dure regole del business e a volte con l'amore per un'altra persona.
Mia e Sebastian, così si chiamano i protagonisti, si danno manforte a vicenda e si spronano a dare il meglio l’uno dell’altra, si spingono  vicendevolmente a sperimentarsi in situazioni nuove e sfidanti e a buttarsi. Purtroppo però, si sa, la vita è fatta anche di compromessi e può capitare che per veder realizzati i propri sogni succeda di dover scendere a patti, accettando di cimentarsi in qualcosa che non sia proprio frutto della purezza dell’arte, oppure accade che qualcosa a cui hai dedicato anima e corpo, mettendo te stesso a nudo e in gioco fino al midollo, non venga apprezzato così tanto dal tuo pubblico.
Oppure accade che il tuo sogno personale sia in contrasto col sogno d'amore...
Freud agli albori della psicanalisi definiva il sogno come una finestra sull’inconscio, qualcosa che apriva una visione sui desideri più segreti e più intimi di una persona.
A me, che tendo a sposare un approccio un po’ diverso da quello freudiano, piace definire un sogno come una meta, come qualcosa sospeso tra il reale e l’irreale, qualcosa che dà una spinta, la motivazione per porsi degli obiettivi da raggiungere.
In fondo i sogni ci servono per dare benzina a quello che facciamo, alla nostra vita, ci danno una speranza, spesso ci danno la forza di andare avanti.
E questa è anche una storia che emoziona, grazie a tutto l'insieme (regia, alchimia tra gli attori, musica) e al suo fascino retrò che danno a questa pellicola “quel certo non so che”, rendendola qualcosa di diverso dal solito, che ti rimane dentro, che ti pervade e ti fa ripensare, che ti risuona anche parecchi giorni dopo la visione.  
C’è un certo senso di malinconia che aleggia in tutto il film che ti porta a domandarti dove siano finiti i veri sognatori e a chiederti se veramente si può vivere dei propri sogni; a chiederti quanto costa credere nei sogni e se vale realmente la pena di provare a realizzarli.
Con malinconia ti domandi dove è finito quel meraviglioso mondo della vecchia Hollywood, quando si poteva danzare un valzer tra le stelle o sospirare tanto per un bacio tra i due splendidi protagonisti.
La stessa malinconia che ti fa sperare che da qualche parte ci siano tanti sognatori che riporteranno la luce in questa epoca così buia.

Nessun commento:

Posta un commento